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Il manifesto della Confapi contro le troppe tasse

Il costo del lavoro è un problema. Lo è anche il costo dell’energia. Ma il vero cappio al collo delle imprese Confapi è la pressione fiscale: le tasse! La madre di tutte le battaglie per le piccole e medie imprese, ma più in generale per chiunque voglia produrre in Italia. Confapi non solo deve fare di questa consapevolezza un tratto distintivo, ma deve anche individuare i metodi migliori per condurre una credibile battaglia contro le storture del Fisco. Nessun cedimento demagogico: tutti nel nostro Paese devono pagare le imposte e contribuire allo sviluppo dell’Italia. Ma ormai la nostra situazione è avvitata su un paradosso: le tasse stanno soffocando e obbligando alla chiusura chi dovrebbe pagarle. Ma se le tasse “mangiano” (soffocano per i più esteti) chi le deve pagare come si potrà andare avanti? In questo modo, è tutto il sistema-Paese ad accusare il colpo. Il livello della pressione fiscale è sopra il massimo sostenibile. Dobbiamo batterci, anche qui se del caso con iniziative clamorose, contro il Governo perché asfissiare le imprese di imposte significa farle chiudere o scappare. Confapi deve fare della questione fiscale una delle priorità della propria mission, con alcune premesse assodate: il total tax burden, ovvero il peso fiscale complessivo sui profitti d’impresa, oggi in Italia è circa del 65%.

Tra i Paesi europei, solo in Francia è lievemente superiore, a fronte però di un’efficienza del sistema burocratico e dei servizi di gran lunga migliore. In Germania siamo al 48,8%, nella pur disastrataGrecia al 50%, in un’economia matura e dinamica come il Regno Unito (che negli ultimi 5 anni, sotto il mandato Cameron, ha generato più posti di lavoro che tutta l’Europa continentale messa insieme) siamo al 33,7%. È evidente che siamo di fronte a un sistema insostenibile economicamente, ed ingiusto moralmente, dal punto di vista dei rapporti Stato-cittadino-impresa. Quella sulla pressione fiscale deve essere la prima battaglia qualificante di Confapi, anche con iniziative clamorose a sostegno dell‘intera filiera produttiva, e d’incalzo nei confronti del governo, di qualunque assetto politico sia esso espressione. Per questo, essendo una revisione seria ed incisiva della spesa pubblica la conditio sine-qua-non per un alleggerimento del carico fiscale, Confapi deve farsi anche carico di immaginare politiche di spending review, di sottoporle al potere politico e di chiamarlo a rispondere qualora questo non le prendesse in considerazione.

Affamare la bestia pubblica” per liberare le energie dell’impresa privata, questo era lo slogan del presidente Reagan, sotto il cui mandato gli Stati Uniti conobbero una crescita esponenziale. Meno spesa e meno tasse per più impresa e più lavoro, questa è la direzione che risponde agli interessi non solo del tessuto produttivo, ma del Paese. Occorre fare anche alcune considerazioni. L’Europa conta il 5% della popolazione mondiale, il 25% della produzione ed il 50% della spesa sociale. In futuro tutti e tre i parametri cambieranno. Rimarrà circa così il primo dato (5%) ma di una popolazione sempre più vecchia. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità la nostra vita media si allunga di cinque ore al giorno. E pertanto le aspettative di vita e le tendenze demografiche rivoluzioneranno il mondo. Nel 1950 eravamo 2 miliardi e mezzo, nel 2009 circa 7 miliardi, nel 2050 saremo oltre 9 miliardi.

Tra cinque anni i maggiori di 65 anni supereranno i minori di cinque. Si rende strategico impostare una Politica Industriale adatta e lungimirante sulla base di questi scenari ed incidere sul Governo in questo senso sradicando la cultura del consenso immediato, ma investendo in ricerca e programmazione della nostra produzione nei prossimi decenni. Cambierà la domotica, l’auto-motive, l’alimentazione, la casa, le infrastrutture ecc.. La macchina del diciottenne sarà diversa ad esempio da quella del novantenne e così la casa che sarà sempre più automatizzata e con una progettualità erealizzazione adeguata a queste nuove esigenze. Il Progetto Industriale infatti non dovrà prevedere esclusivamente la meccanica, pur rimanendo essa importantissima, ma un intervento fondamentale e strategico nell’edilizia ed uno sviluppo in settori quali l’alimentazione, il turismo, il designindustriale ed i servizi strategici nel nostro Paese che coinvolgono l’interesse di tutte le nostrecategorie. Ci troviamo già di fronte ad un continente europeo sempre più vecchio contro quello asiatico (e africano) sempre più giovane e dinamico. Cambieranno gli altri due rapporti: il 25% della produzione ed il 50% della spesa sociale. L’altra parte del mondo non è più disposta a farci credito per pagarci le nostre pensioni, la nostra sanità, la nostra assistenza e per pagarci quel 50% che nel benessere sociale appunto ci distingue dal resto del mondo.

Dobbiamo rendercene conto tutti, sindacati compresi. Si rende necessario rivedere completamente e con coraggio la spesa pubblica e la spesa sociale. Si può garantire l’intervento sociale ottimizzando i costi, a partire da quelli sanitari, e ridurre la spesa pubblica a partire dai sistemi regionali, veri centri di spesa e lottizzazione politica senza contare gli altri innumerevoli interventi sul gigantismo dell’apparato pubblico. Con il contributo che le imprese private offrono allacollettività, in termini di imposte versate (che vanno ovviamente contenute) si può contribuire a ricostruire l’economia del paese. Si pensi ad esempio alla possibilità di prevedere un vincolo di destinazione al finanziamentodi specifiche opere di interesse pubblico (scuole, asili, parchi, impianti sportivi, ecc.), a scelta delcontribuente, su una parte delle imposte versate. Ciò contribuirebbe ad una ottimizzazione della spesa per finalità concrete individuate sul territorio, oltre che a chiamare in causa quella responsabilità sociale dell’imprenditore che costituisce uno dei valori aggiunti della sua figura.