Annuario 2017 Istat: uno sguardo globale al mercato del lavoro

Dall’Annuario 2017 dell’Istat emerge un’occupazione in netta crescita di 293 mila unità su base annuale nel 2016 (+1,3%), per un totale di 22 milioni 758 mila nella media dell’anno. L’andamento in positivo è esteso su tutto il territorio nazionale, in particolar modo nel Settentrione (167 mila unità in più, 1,4 per cento) e nel Mezzogiorno (101 mila, 1,7 per cento). Malgrado l’aumento registrato nell’ultimo triennio, il livello occupazionale resta ancora inferiore a quello pre-crisi con una difformità di 333 mila unità (-1,4 per cento) in relazione al 2008, riportata a livelli pre-crisi soltanto nel Centro.

In relazione alla crescita occupazionale coincide un aumento di 0,9 punti percentuali del tasso di occupazione 15-64 anni, che si attesta al 57,2%, un valore abbondantemente al di sotto del valore medio registrato nell’Ue, dove il 66,6% dei 15-64enni è occupato. E si avvalorano le elevate discrepanze territoriali: se nel Nord il tasso di occupazione 15-64 anni raggiunge il 65,9%, valore vicino alla media europea, al Sud gli occupati in questo range di età rimangono al 43,4%. E rimane invariato il divario di genere tradizionalmente molto elevato, infatti nonostante la quota di donne occupate tra i 15 e i 64 anni abbia più che recuperato il livello del 2008, il suo valore resta inferiore di circa 18 punti rispetto a quella degli uomini (rispettivamente 48,1 e 66,5 per cento).

In particolare l’incremento del dato sull’occupazione in termini relativi interessa maggiormente i cittadini stranieri (+1,8 per cento a fronte di +1,2 per cento degli italiani) mentre il tasso di occupazione 15-64 anni ha un trend di direzione opposta (+0,7 punti contro +1,0 degli italiani), toccando rispettivamente al 59,5 e 57,0 per cento. E, per la prima volta dall’inizio della crisi, l’aumento del numero di occupati riguarda anche i giovani di 15-34 anni (+0,9 per cento) e si raccoglie nella componente dei giovani under 25. La crescita si riflette nell’aumento del tasso di occupazione (+0,7 punti) che si attesta a 39,9 per cento (16,6 per cento tra i 15-24 e 60,3 per cento per i 25-34).

Per quanto concerne i settori economici la crescita del numero di occupati nel 2016 riguarda solo il lavoro alle dipendenze (+323 mila unità, l’1,9% in più), mentre continua per il sesto anno di seguito la riduzione del numero di indipendenti (-0,5%). Nel settore agricolo, che comprende circa quattro lavoratori su cento, l’occupazione aumenta del 4,9 % (+41 mila unità), coinvolgendo anche gli indipendenti nel Centro e nel Mezzogiorno. Nell’industria in senso stretto (ove sono impiegati circa un quarto degli uomini e il 12% delle donne occupate), l’occupazione cresce di 34 mila unità (+0,8%), a sintesi del calo del numero di indipendenti (-2,7%) più che bilanciato dall’aumento dei dipendenti (+1,2%).

La stessa dinamica non si evince nelle costruzioni, unico settore a presentare un andamento occupazionale negativo (-4,4%) per entrambe le componenti (-2,7% i dipendenti e -6,9% gli autonomi) e diffusa su tutto il territorio. Infine nel settore dei servizi, che assimila il 70% dell’occupazione complessiva, procede a ritmi sostenuti la crescita del numero di occupati (283 mila in più, 1,8%), con un incremento che riguarda soprattutto i dipendenti (+2,3%) e le regioni settentrionali.

Nel 90% dei casi circa, l’aumento del lavoro alle dipendenze nel 2016 riguarda il tempo indeterminato (281 mila, +1,9%), ma prosegue, sebbene con minore intensità, la crescita del tempo determinato (+42 mila, +1,8%). La rilevanza dei dipendenti a termine sul totale dei dipendenti resta inalterata al 14,0%, rimanendo maggiore per le donne (14,6% in confronto al 13,5 degli uomini) e nelle regioni del Mezzogiorno (dove arriva al 18,3%), con un picco in Calabria (23,6%).

Per quanto riguarda i lavoratori indipendenti prosegue l’intensa diminuzione dei collaboratori, ridotti del 12 per cento in raffronto all’anno precedente. Nel 2016, per il secondo anno consecutivo, cresce il lavoro a tempo pieno (+183 mila, +1,0%) ma in termini relativi è più forte l’aumento del tempo parziale (2,6%), in crescita per il settimo anno consecutivo. Nel 2016, tuttavia, questo incremento riguarda quasi del tutto il part time scelto in modo volontario con la derivante riduzione della quota di part time involontario che si attesta al 62,6% sul totale del tempo parziale (era il 63,9% nel 2015).

Questo trend riguarda entrambi i generi e, in misura maggiore, le regioni del Mezzogiorno dove la porzione di part time involontario appare comunque molto elevata (78%). L’incidenza dei sottoccupati, cioè gli occupati a tempo parziale che manifestano la disponibilità immediata a lavorare un maggior numero di ore, riguarda invece il 3,2% del totale degli occupati (il 4,6% tra le donne e il 2,3% tra gli uomini).

Tale quota, in lieve calo rispetto a un anno prima, aumenta solo nel Mezzogiorno, già caratterizzato dalla quota più alta di sottoccupati (3,9%). In sintesi il 2016 è caratterizzato da un aumento dell’occupazione più forte rispetto al recente passato, ma ancora non sufficiente a colmare la perdita occupazionale prodotta dalla crisi.

Cenni di miglioramento arrivano dall’aumento degli più occupati giovani e a tempo indeterminato oltre che dalla leggera diminuzione delle incidenze di part time involontario e sottoccupati. Perdurano comunque alcune criticità che caratterizzano il nostro mercato del lavoro, a causa soprattutto dei dislivelli di genere e territoriali. L’aumento dell’occupazione nel 2016 si accompagna a un nuovo calo della disoccupazione e ad una forte riduzione degli inattivi. Il numero di disoccupati, in calo per la prima volta nel 2015 dopo sette anni di durevole crescita, continua a diminuire ma a ritmi meno sostenuti (-21 mila, -0,7%) risentendo dell’aumento nella seconda metà dell’anno che ridimensiona il calo dei primi due trimestri, e si attesta a 3 milioni 12 mila individui.

A ciò corrisponde una diminuzione di 0,2 punti del tasso di disoccupazione che scende all’11,7. Tuttavia il divario con l’Ue, dove il calo dell’indicatore è stato più forte (-0,8 punti), aumenta fino a superare i tre punti (Figura 8.3). La riduzione del tasso di disoccupazione peraltro non riguarda le regioni meridionali dove raggiunge il 19,6 per cento (+0,2 punti), il valore più elevato dell’Ue dopo la Grecia, mentre nella parte settentrionale del Paese l’indicatore è al di sotto della media europea.

La riduzione del numero di disoccupati riguarda esclusivamente quanti hanno precedenti esperienze di lavoro, mentre aumentano lievemente quanti sono alla ricerca della prima occupazione, circa il 28% del totale dei disoccupati. Ciò si associa ad una lieve crescita della disoccupazione di breve durata, mentre prosegue la diminuzione di quanti cercano lavoro da almeno 12 mesi, la cui incidenza sul totale dei disoccupati scende dal 58,1% del 2015 al 57,3% del 2016. La diminuzione del numero di persone in cerca di occupazione e del tasso di disoccupazione riguarda soltanto gli uomini con il conseguente ampliamento del gap di genere: il tasso di disoccupazione femminile (12,8 per cento) è circa due punti più elevato di quello maschile (10,9 per cento), divario che raggiunge i quattro punti nel Mezzogiorno.

Fonte: Istat

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